Giovedì scorso ero in auto, diretto ad una delle scuole in cui “insegno”, ed ascoltavo una trasmissione radiofonica. I capolavori della corrente musica pop venivano  interrotti da una news  emblematica dei tempi che viviamo. Un sondaggio (non so quanto attendibile) rivelava che il 70% delle persone intervistate manifestava il proprio assenso al “congedo mestruale“. Sette (7) giorni di congedo per le donne nel periodo mestruale.

E perché no? Sarebbe una grande conquista per i colleghi delle congedate. Qualche femminista dei tempi andati forse si rivolterebbe nella tomba, ma sicuramente i colleghi maschi che lamentano l’irrazionalità saltuaria (ma periodica) dell’altra metà del cielo, godrebbero di 7 giorni di pace, ogni mese.

donna-con-dolori-mestrualiPerché no, quindi?

Ovviamente congedo non retribuito, s’intende. E senza contributi, ovviamente.

A casa sì. Piacevolmente assorte a coccolare il vostro ventre. Ma senza paga e senza contributi. Perché altrimenti la domanda ovvia si pone.

Chi paga per il vostro prezioso congedo mestruale? Ed in tempi di spending review della reversibilità, patriarcale retaggio della eteronormativa famiglia tradizionale, la domanda si pone, eccome.

“We can do it”.

we-can-do-it

Certo, care, certo.

Buon congedo.