Il 16 Luglio 1969 spicca il volo l’astronave Saturno 5, con a bordo Neil Amstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin. E’ la missione Apollo 11 con destinazione Luna, al culmine del programma spaziale lanciato da Eisenhower e rilanciato da John Fitzgerald Kennedy. La sfida spaziale aveva visto in vantaggio l’URSS per oltre un decennio, con il primo satellite in orbita (1957) ed il primo uomo nello spazio (1961).
La sfida lanciata dagli USA per portare il primo uomo sulla Luna, nonostante gli impressionanti investimenti, non procedette senza intoppi, con una Luna che appariva sempre più lontana, tanto lontana che nel settembre del 1963 JFK, in un discorso all’ONU, propose al nemico giurato, l’URSS, una missione congiunta; Kruscev declinò la gentile proposta lasciando gli statunitensi a bollire nel proprio brodo. Due mesi dopo JFK sarà assassinato.
Il fiume di denaro diretto alla NASA fruttava in termini di tecnologie satellitari e militari, ma molto poco in termini di conquista spaziale. La missione Apollo 1 fu un disastro con i tre piloti carbonizzati dentro l’astronave ancorata sulla rampa di lancio.
Le successive missioni furono meno sfortunate e la NASA riuscì concludere 4 missioni Apollo con astronauti in orbita, ma ben lontani dalla Luna. Mandare l’astronave nell’orbita lunare, fare atterrare l’equipaggio sulla Luna, quindi farla ripartire e riportare l’equipaggio sano e salvo a Terra, era ben altra sfida, senza precedenti.
Eppure, nel Luglio 1969, al primo tentativo di missione completa, l’Apollo 11 riesce nell’impresa che permetterà ad intere generazioni di poter dire “siamo stati sulla Luna“.
Saturno V lancia l’equipaggio nell’orbita terrestre e, una volta liberatasi della zavorra, lo proietta nello Spazio profondo in un viaggio di circa due giorni verso la Luna, distante circa 380,000 km. Una volta pervenuta nell’orbita lunare inizia la fase di allunaggio, senza precedenti e senza intoppi. Gli astronauti fanno una breve passeggiata lunare e poi spiccano di nuovo il volo, saltando fuori dalla Luna e ripercorrendo i 380,000 km in senso opposto, tornando a casa dopo l’ammaraggio.
Un successo trasmesso in diretta televisiva, tanto era convinta la NASA delle proprie possibilità, sebbene la missione fosse rischiosissima e senza precedenti. Dopo le celebrazioni di rito, i tre eroici astronauti parteciperanno a varie conferenze in cui invece di mostrare sorrisi smaglianti paleseranno un certo incomprensibile imbarazzo, rispondendo alle domande con l’ausilio di un teleprompter (suggeritore). Ma si sa, la prima virtù dell’eroe è la modestia.
Dalla Luna i tre eroi porteranno sulla Terra alcuni campioni di pietra lunare; alcuni di questi campioni andranno in omaggio al personale della NASA. Niel Amstrong donerà una pietra lunare, conservata in una teca, al Principe d’Olanda.
Tale fu il successo che la NASA ripeté la missione per 6 volte fino all’ultima istanza, Apollo 17. Sostanzialmente senza problemi, a parte la missione Apollo 13 che comunque riportò i propri eroi sani e salvi a casa.
Qualche decennio dopo la NASA pubblicherà le foto ufficiali della missione in alta fedeltà. Non tutto il materiale però, perché buona parte dell’esperienza maturata nella più ambiziosa impresa mai realizzata dall’uomo, andrà distrutta. Non persa, ma distrutta. E non solo foto, registrazioni audio e video, ma anche i dati telemetrici. Evidentemente la NASA era così confidente dei propri mezzi da poter ripetere in qualsiasi momento la conquista della Luna senza il retaggio degli anni ’60.
Stranamente però, negli anni 2000 la NASA annuncerà di considerare la possibilità di tornare sulla Luna una volta che sarà risolto il problema delle fasce di Van Allen. Fasce di Van Allen?
In parallelo una donna di 76 anni, moglie di un dipendente della NASA, decide di vendere una pietra lunare che gli era stata donata dal marito, e finisce in manette. Perché mai?
E nel 2009 un ricercatore aprirà la teca del Principe Olandese ed osserverà al microscopio la pietra lunare in essa conservata, scoprendo che si trattava di legno pietrificato. Alberi sulla luna?

L’allunaggio fu una grande, gigantesca farsa televisiva. L’equipaggio di Apollo 11 non è mai allunato. In realtà non si è mai neanche avvicinato alla Luna. E non solo l’Apollo 11. Nessuna delle missioni spaziali successive con uomini a bordo ha mai lasciato l’orbita terrestre.
La Terra è circondata da un toroide (una sorta di ciambella) di plasma radioattivo estremamente pericoloso per la vita organica, che si estende, a partire dalla quota di circa 1000 km, per decine di migliaia di chilometri. Qualunque astronauta che volesse avventurarsi nello Spazio profondo o avvicinarsi alla Luna e poi fare ritorno, dovrebbe fare i conti con una lunga esposizione (diverse ore) a tali radiazioni. E la prova sperimentale dell’esistenza di queste fasce di Van Allen esisteva già dal 1958. Lo sapevano gli statunitensi e lo sapevano i sovietici.
La missione lunare non era solo infattibile sul piano tecnico (basti pensare che, per avere accettabili probabilità di successo, la missione avrebbe necessitato di strumenti di controllo ed automazione con calcolatori pesanti quanto l’intera astronave); la missione era ed è tutt’oggi difficilmente immaginabile sul piano teorico, visti i limiti fisici posti dalla fasce di Van Allen.
Esiste una quantità enorme di materiale che prova l’inganno lunare; vi consiglio, a tal riguardo, l’opera realizzata da Massimo Mazzucco, American Moon. Tre ore di documentario che distruggeranno un sogno ma vi riporteranno sul pianeta Terra. In tale documentario farà una breve comparsa un personaggio, tale Bart Sibrel, che scriverà un libro, Moon Man, basato anche su documentazione segreta “inavvertitamente” divulgata dalla NASA. Tale libro frutterà a Bart Sibrel le attenzioni “speciali” da parte della CIA. Bart Sibrel, inevitabilmente, è descritto da Wikipedia come negazionista e teorico della cospirazione; ca va san dire.
Apollo 11 fu un grande spettacolo televisivo che ha portato a sospettare il coinvolgimento di Stanley Kubrick. Di ciò non c’è alcuna prova, anche se il sospetto è comprensibile. A tal proposito è tutt’ora in circolazione un video in cui Kubrick, in punto di morte, rivelerebbe il suo coinvolgimento nel misfatto; è un falso palese, verosimilmente atto a discreditare chi dimostra, con i fatti, che la “conquista” della Luna non è mai avvenuta. E’ invece assolutamente verosimile che Kubrick avesse un’opinione chiara sugli eventi, opinione che ci ha voluto tramandare nella sua ultima opera, Eyes Wide Shut, con il suo stile criptico. Eyes Wide Shut andò sul grande schermo il 16 Luglio del 1999, trenta anni dopo ma nello stesso giorno della partenza del vettore Saturno 5 della missione Apollo 11. E non fu una fortuita coincidenza; la data fu pretesa contrattualmente da Stanley Kubrick.
La conquista della Luna è stato un grande inganno durato oltre mezzo secolo, come quello della “Guerra Fredda“.
Alcuni fact-checkers, a corto di argomentazioni, hanno sollevato la domanda: “ma perché mai l’URSS non ha sbugiardato gli USA?”. A tale domanda, la risposta tipica data dai “teorici della cospirazione” è che “l’URSS non ha sbugiardato gli USA perché nessuno nel mondo occidentale avrebbe dato credito all’URSS“. Questa risposta, oltre a presumere che l’URSS fosse veramente il nemico descritto dagli USA nella strategia della tensione internazionale che vi ho descritto nel terzo Capitolo della trattazione sulla Cabala statunitense, difetta di un vizio logico; l’URSS, conscia del fatto che la missione era impossibile, avrebbe comunque avuto interesse a sbugiardare gli USA, lasciando loro il gravoso onere di dimostrare la veridicità dell’allunaggio, e lasciando che il tempo logorasse la credibilità del nemico. Questo, ovviamente, se USA e URSS fossero stati veramente i nemici descritti all’opinione pubblica.
Molto più vicina alla verità è la risposta data da Bart Sibrel a tale domanda: “l’URSS non volle sbugiardare gli USA perché altrimenti gli USA avrebbero potuto replicare, aprendo qualche armadio dell’URSS esponendo i suoi scheletri al pubblico sovietico“.
Quando Bart Sibrel venne in possesso di documentazione audio-video della NASA che provava il falso storico, andò dal direttore della NBC (azienda televisiva per la quale lavorava) il quale convenne che l’allunaggio fosse un falso storico; il direttore concluse però che non era opportuno renderla di pubblico dominino perché ciò avrebbe causato una guerra civile.
Ovviamente non ci sarebbe stata nessuna guerra civile, ma sicuramente se milioni di statunitensi avessero scoperto che l’allunaggio era un inganno televisivo, non solo la credibilità delle Istituzioni, ma anche quella del mezzo televisivo, il media preferito per programmare le menti delle persone, sarebbe crollato. E forse l’opinione pubblica si sarebbe domandata “su quante altre cose di tale o superiore rilevanza ci hanno mentito?“.
Ma in realtà, la domanda più importante è un’altra: “perché gli USA non hanno abortito il programma Apollo vista la sua impraticabilità sia per gli USA che per l’URSS?“. No, l’ “orgoglio nazionale” non è una risposta sensata.
Il programma Apollo 11 se da un lato permetteva di veicolare fiumi di denaro nelle aziende della Cabala partner della NASA, dall’altro svolgeva una funzione ancora più importante: alimentare il sogno ipnotico della conquista spaziale. Un’ipnosi in cui la popolazione rivolgeva lo sguardo al cielo, distogliendolo dalla meschinità della quotidianità (vedi guerra in Vietnam) e rinnovando l’idea di una vita votata ad un fine superiore e benevolo. E se negli anni ‘40 e ‘50 la programmazione mentale, principalmente televisiva, promuoveva il sogno americano di una famiglia tradizionale i cui membri guardavano al cielo per cercare il proprio Dio, nella nuova proiezione tecnocratica dell’élite, l’uomo doveva guardare in alto per cercare la meraviglia della Scienza, plasmata da mani infallibili, quelle dei Padroni.

La conquista della Luna era impossibile, quindi poteva avvenire solo per miracolo. Ed i miracoli sono materia del divino. La Cabala, che si ergeva a sacerdozio infallibile (wisdom e knowledge) della nuova religione neopagana scientista in costruzione, non poteva ammettere fallimento. Tramite le loro sapienti mani e il sapere imperscrutabile, tutto era possibile.
L’uomo preferisce credere alle storie, o meglio ancora alle favole piuttosto che ai fatti. Ed una favola pretende sempre un lieto fine, perché poi i Padroni possano iniziare a raccontarne un’altra.
Un caro saluto.