Ebbene sì, dopo un lungo periodo di disintossicazione ho finalmente lasciato Facebook. Nell’ultimo anno ho praticamente ridotto a zero i miei accessi e, sorpresa sorpresa, sono sopravvissuto. Non solo; gradualmente si è fatta strada la ragione, la consapevolezza, il buon senso. Per carità, nessuna presunzione di superiorità rispetto ai 2 miliardi di persone che ancora frequentano il sito “social” per eccellenza. Quanto scrivo vale solo come testimonianza e consiglio a chi è attraversato dal dubbio.

Come molti, mi iscrissi a Facebook con un unico scopo, perfettamente in linea con l’apparente natura del sito; trovare i vecchi compagni di scuola e d’infanzia. Cosa in parte riuscita, ma dopo le rituali, malinconiche ma piacevoli “reunions” scolaresche ognuno è tornato al proprio ovile, come è nella natura delle cose. Ma prima ancora che la disillusione per la futilità dello strumento si facesse strada in me, Facebook cambiava faccia, trasformandosi in vetrina di personalità, ammiccando all’ego e al narcisismo.

La nostalgia lasciava la staffetta alla vanità.

E come molti, mi sono trovato a mio agio, per un po’. I contatti si chiamano “friends”; a centinaia (per alcuni, a migliaia), persone che non hai mai conosciuto, ma che magicamente conquisti magari con un semplice commento ben riuscito, o perché “amici” di “amici” o perché semplicemente suggeriti da Facebook; tanti “amici” che finisci poi col selezionare sulla base dei “likes”. Inevitabilmente la tua pagina diviene camera di risonanza della tua personalità; gli altri non esistono veramente. Esisti, tu, ciò che ti piace, i “contatti” che ti assomigliano e quello che Facebook pensa che ti piaccia. Perché Facebook ti vuole contento. In cambio poco o niente; anzi tutto, vuole sapere tutto di te, di tutti. Ma la vanità non ha prezzo, si sa.

Nessuno si lamenta e così Facebook fa un ulteriore passo, ritenendo di poter decidere quello che ti deve piacere. La tua pagina da specchio illusorio di te stesso e di quello che vorresti fosse il mondo, diviene proiezione di quello che deve essere il tuo mondo, un vestito selezionato dal Fratellone e opportunamente ritagliato sulle tue misure.

Il sospetto, direi quasi certezza, della natura oscura di Facebook era già ben solida da tempo; da anni erano chiari gli intenti spionistici della piattaforma, da quando Snowden ha rivelato il progetto PRISM del Pentagono/NSA. E molti di noi ne sono consapevoli, ma al contempo assuefatti dalla droga della vanità  e accettiamo lo status quo; in fondo non abbiamo nulla da nascondere, vero? Vero finché qualcuno di noi non finisce per diventare figura politica e quegli innocenti dati ormai dimenticati e concessi a suo tempo al Grande Fratello americano divengono all’uopo un utile dossier… E la recente convocazione farsa di Zuckerberg al Senato Statunitense, a valle dello “scandalo” di Cambridge Analytica, ha confermato il quadro di pieno supporto istituzionale alle pratiche più oscure di Facebook.

Ma sebbene possa sembrare strano, l’invasione della privacy e gli intenti propagandistici sono divenuti per me aspetti secondari, sebbene gravi; da questo punto di vista, infatti, Facebook non è così lontana da Google. E, ad onor del vero, anche Youtube con le politiche censorie degli ultimi due anni ha palesato gli intenti di orientamento politico ed ideologico del proprio “palinsesto”.

Il punto è che Facebook fa molto più di Youtube; ti fa illudere di essere davanti a uno specchio magico in cui emerge la parte più brillante di te, contornato dal consenso di amici e da una piattaforma che seleziona quello che ti rende felice ma tranquillo.

Facebook non è solo una piattaforma globale di profilazione e schedatura degli individui, ma è un grande, gigantesco esperimento di psicologia di massa, la cui copertura istituzionale non può che inquadrare tali intenti all’interno di un sistema integrato di guerra moderna.

Un caro saluto.