Avrete probabilmente sentito ripetere, infinite volte, che i sieri genici, comunemente qualificati come “vaccini”, e in via di somministrazione coatta, siano efficaci al 95%.
Ma è vera tale affermazione? E cosa significa veramente? La domanda non me la sono posta solo io ma anche il dottor Ronald Brown che ha indagato l’origine di tale affermazione e pubblicato, il 21 Febbraio del 2021 su PUBMED (nota rivista internazionale di ricerca medica), i risultati della sua ricerca.
Il dottor Brown ha scoperto che l’origine di tale affermazione è dovuta agli studi fatti da Pfizer e Moderna sulla efficacia dei loro specifici prodotti genici, e che tale presunta “efficacia” in realtà si riferisce alla misura di un parametro chiamato RRR (Relative Risk Reduction = riduzione del rischio relativo) che stima di quanto si riduce la probabilità di contrarre il COVID sottoponendosi alla “vaccinazione”.
In particolare, per il trattamento di Pfizer (BNT-162b2) lo RRR risultava pari al 95% e per il trattamento (mRNA-1273) di Moderna lo RRR risultava pari al 94,1%. Quindi, assumendo che i dati dei fornitori siano veritieri, possiamo convenire che il dato di efficacia al 95% ha una base di verità.
Ma come si sa, le migliori menzogne hanno sempre una base di verità.
La menzogna in questo caso ha due aspetti;
- il lato “interpretativo“, quello forse più evidente, e consiste nel fatto che l’utente medio che si senta dire che il siero è efficace al 95%, pensa di essere protetto dal SARS-COV-2 nel 95% dei casi, o in altri termini che nel caso venga a contatto con l’agente patogeno abbia solo il 5% di probabilità di contrarre la malattia. Così non è, assolutamente.
- il lato “manipolativo” legato proprio all’utilizzo strumentale dello ERR (di cui sopra). Ed a questo aspetto, meno ovvio, dedicheremo i prossimi paragrafi, perché è l’aspetto che riserva le migliori sorprese.
Come fa notare il Dr Brown, facendo riferimento alla ricerca di Pfizer (per Moderna la questione è identica), nei test clinici sulla popolazione sorvegliata si sono registrati:
- 8 casi COVID su un totale di 18198 persone “vaccinate”, corrispondenti ad una probabilità di contrarre la malattia pari allo 0,044%
- 162 casi COVID su un totale di 18325 persone non “vaccinate”, corrispondenti ad una probabilità di contrarre la malattia pari allo 0,884%
Lo ERR si valuta come (100% – 0,044%/0,884%) = 95,027%, che formalmente ci dice che la probabilità di contrarre il COVID per un “vaccinato” è in effetti 20 volte inferiore a quella di un non “vaccinato”.
Ma aspettate a trarre le conclusioni. Lo ERR è un parametro tecnico che misura la validità di un prodotto farmaceutico rispetto ad un altro oppure in confronto al non utilizzo di alcun farmaco; ma non c’entra nulla con l’idea percepita dal “paziente” sulla validità del farmaco. Sarà tutto chiaro tra qualche riga, fidatevi.
La questione è nota da tempo, al punto che la FDA (l’ente regolatorio degli USA per la messa in commercio dei farmaci) richiede che sia dichiarato non lo ERR ma lo ARR (Absolute Risk Reduction = Riduzione Assoluta del Rischio). Usando le parole della FDA:
To provide absolute risks, not just relative risks. Patients are unduly influenced when risk information is presented using a relative risk approach; this can result in suboptimal decisions. Thus, an absolute risk format should be used.
cioè in italiano
Fornire il rischio assoluto, non il rischio relativo. I pazienti possono essere scorrettamente influenzati quando il rischio è presentato con un approccio relativo e questo può portare a decisioni non ottimali. Quindi, un formato in termini di rischio assoluto deve essere utilizzato.
Ed in effetti, utilizzando lo ARR (riduzione assoluta del rischio), Brown perviene a valori ben diversi:
- ARR = 0,7% per Pfizer, a fronte di un ERR=95%
- ARR = 1,1% per Moderna, a fronte di un ERR = 94,1%
Perché ciò? Dov’è l’inganno, vi chiederete. I più intuitivi ci saranno già arrivati forse, ma in fondo è semplice; prendiamo il caso di Pfizer di cui sopra.
Come abbiamo visto, un “vaccinato” aveva lo 0,044% di probabilità di contrarre il COVID mentre un non “vaccinato” lo 0,884%.
Ciò significa che un non “vaccinato” ha solo lo 0,844% (ARR), cioè 0,884%-0,04%, in più di probabilità di contrarre il COVID rispetto ad un “vaccinato”. In termini relativi è tanto, ma in termini assoluti è pochissimo.
L’inganno “manipolativo” sta nell’omettere al “paziente” che il rischio di contrarre la malattia è già talmente basso che anche un’efficacia elevata del farmaco (ERR) di fatto non si traduce in un beneficio apprezzabile. Anzi lo fa illudere di avere dei vantaggi enormemente superiori a quelli reali.
Parafrasando, è come promuovere il rendimento di un pneumatico ad un potenziale cliente che non ha l’automobile. Per questo il marketing agisce sempre su due fronti; da un lato promuove i pregi di un prodotto (lo ERR in questo caso) e da un lato crea la percezione di bisogno del prodotto stesso; il pneumatico e l’automobile, il siero e la malattia.
A questo punto però qualcuno potrebbe dire:
Va bene, però col vaccino ho sempre lo 0,844% di probabilità in meno di contrarre la malattia. Meglio di niente.
E qui le cose si fanno ancora più interessanti. Perché i prodotti, farmaceutici o no, hanno sempre un prezzo da pagare.
In questo caso il prezzo non sono i circa 15 Euro a dose (due volte l’anno per i prossimi 10 anni) che dovranno uscire dalle vostre tasse, ma anche, e soprattutto, la vostra salute.
Se pensate che quella riduzione del rischio COVID dello 0,844% sia allettante, la dovrete necessariamente confrontare con il rischio di eventi avversi. E facendo riferimento ai dati statunitensi pubblicati sul sistema VAERS, in circa 8 mesi, con una popolazione di circa 250 milioni di persone che hanno avuto almeno una somministrazione, si riscontrano 1.061 milioni di reazioni avverse, di cui 647,217 serie tra cui 18,853 decessi. E questi sono solo i casi riportati.
In altri termini, la probabilità di reazioni avverse serie é dello 0,27% (27 ogni dieci mila) e quella di morte dello 0,008% (8 ogni cento mila).
Ora, la letalità di questo virus è dell’ordine del “per mille”. Approssimiamo per eccesso e diciamo che la letalità sia attorno allo 0,5% (5 per mille). Per dati più precisi leggete quest’articolo. Ciò significa che assumendo il siero magico, in media, vi sottrarreste ad un rischio di morte per COVID dello 0,0042% (0,0042% = 0,5% x 0,844% = LETALITA’ x ARR) a fronte dell’assunzione di rischio di morte per SIERO dello 0,008%. A cui si aggiunge un brillante rischio di complicazioni gravi dello 0,27%.
In altri termini, limitandoci solo al rischio morte. sottoponendovi al siero magico, vi esponete ad una probabilità di morte per eventi avversi che è il doppio del rischio evaso di morte per COVID.
Un caro saluto.