In breve Cyntoia Brown è una giovane donna (33 anni) che all’età di 16 anni ha ucciso premeditatamente (fatto assodato) un “cliente” dopo averci fatto sesso (fatto assodato) per poi portare via la sua arma e il portafogli (fatto assodato).
L’assassina è stata quindi condannata all’ergastolo. Fin qui i fatti verificati.
Le paladine della pop-culture statunitensi la vedono differentemente ed hanno creato un hashtag (#FreeCyntoiaBrown) per liberare la povera vittima. Così deve pensarla anche V. Santarpia che così scrive sul Corriere della Sera:
Partorita a sedici anni da una donna, figlia di uno stupro, che abusava di alcol, spacciava cocaina e ha passato più tempo in carcere che a casa, Cyntoia Brown non ha avuto una vita facile.
La vittima (Cyntoia, s’intende) è figlia di uno stupro; forse la “giornalista” voleva dire che Cyntoia è nata a valle di uno stupro, ma tralasciamo l’uso ardito della lingua italiana. In ogni caso la parola “stupro” è la chiave d’interpretazione di tutto l’articolo. La madre è invece un modello ispirazionale, se tralasciamo la sua dedizione al crimine e all’alcool, ed ovviamente vittima di stupro. Insomma vittima figlia di vittima.
E quella paura e la rabbia che l’hanno spinta a premere il grilletto quella notte non sono altro che il frutto di anni di soprusi e violenze.
La paura e la rabbia hanno spinto la “vittima” ad uccidere l’uomo. Bene, tutto chiaro. Come? A voi non è chiaro? Un attimo di pazienza.
Precisa quindi la “giornalista” :
Quella sera, racconta la Bbc, Cyntoia era in giro con il suo fidanzato, uno spacciatore violento soprannominato Kutthroat, che le chiese di procurargli un po’ di soldi. Cyntoia, per accontentarlo, accettò di fare sesso con Johnny Allen, un agente immobiliare di Nashville che la portò a casa sua, le mostrò la sua collezione di armi, dicendole che era un ex tiratore scelto dell’esercito.
La Cyntoia non era una prostituta che si accompagnava a un pappone, no! Ella era una povera ragazza che per “accontentare” il ragazzo, delle cui attitudini violenti e criminali lei era ovviamente inconsapevole (per la cronaca Kuttthroat significa Tagliagola), racimolando un po’ di denaro (per lui ovviamente, mica per se stessa) decise di fare “compagnia” ad un altro uomo (spoiler: quello che finirà con una pallottola nel cranio).
Cenarono, guardarono la tv, poi si misero a letto e lui la violentò. Poi Allen si voltò e allungò la mano verso il lato del letto: Cyntoia ha raccontato di essere stata presa dal panico, pensando che lui stesse cercando una pistola. Convinta di essere sul punto di morire, gli sparò alla testa con una pistola calibro 40 che lo stesso Kutthroat le aveva dato per difendersi.
La dinamica che segue all’incontro è quella tipica della legittima difesa per un’aggressione a fini di stupro. Infatti la Cyntoia va a casa di un perfetto sconosciuto con il proposito di fare soldi (facendo un prelibato manicaretto, s’intende), guarda la TV con il tizio, s’infila a letto (ovviamente inconsapevole degli esiti biblici della cosa) e dopo la copulazione quando lui si gira dall’altra parte del letto lei gli piazza una bella pallottola calibro 40 nella nuca (perché spaventata).
Poi la vittima se ne va col bottino. Un classico.
Ringrazio la “giornalista” per avermi illuminato sulla vera dinamica dei fatti. Una povera ragazza concepita in uno stupro subito dalla madre vittima, che subisce la paura e la rabbia per la vita che è costretta a subire, che pur di accontentare il ragazzo oppressore si reca con una pistola calibro 40 a casa di un uomo per racimolare denaro in modi non specificati, per poi subire uno stupro e quindi difendersi preventivamente dalla potenziale violenza successiva (non si sa mai cosa può fare un uomo che giace sul letto dandoti le spalle).
La ringrazio vivamente, perché un misogino come me potrebbe facilmente cadere nell’errore di vedere nella Cyntoia una carogna che ha imparato dalla madre l’arte del crimine e della menzogna, che si reca a casa di uno dei tanti “clienti” con l’intento premeditato di fargli saltare la testa e rubargli il denaro e le armi, per poi raccontare la storia imparata dalla madre per farla franca.
Un caro saluto.