Secondo il “The New York Times” l’Ebola potrebbe raggiungere la cifra iperbolica di 1,4 milioni di contagi, entro Gennaio 2015, e non in tutta l’Africa ma solo prendendo in considerazione alcuni Paesi dell’Africa Occidentale. Impressionante. Come arrivano a questo quadro di potenziale Giudizio Universale? Utilizzando alcune proiezioni del CDC (organizzazione Statunitense che si occupa di salute) che a sua volta fa riferimento ad alcuni dati provenienti dal WHO (World Health Organization, parte delle Nazioni Unite).
Con l’ausilio di un potentissimo “calcolatore” (molto probabilmente non supervisionato dall’ormai inutile intelligenza umana) il CDC delinea due possibili scenari di evoluzione epidemiologica dell’Ebola in Liberia e Sierra Leone; uno scenario pessimistico con 1,4 milioni di contagi ed uno ottimistico con 21 mila contagi. Lascio a voi le considerazioni sull’attendibilità una simulazione, che fornisce uno scenario pessimistico 65 volte peggiore di quello ottimistico.
Iniziamo con alcuni fatti sul virus Ebola. Ebola è un virus che può contagiare l’essere umano attraverso il contatto diretto con fluidi o materiali infetti, e che può condurre alla morte. Fino a qui ci siamo.
Per avere un’idea del potenziale di contagio dell’Ebola, possiamo fare riferimento a quanto dichiara proprio il WHO: “Infection occurs from direct contact through broken skin or mucous membranes with the blood, or other bodily fluids or secretions (stool, urine, saliva, semen) of infected people. Infection can also occur if broken skin or mucous membranes of a healthy person come into contact with environments that have become contaminated with an Ebola patient’s infectious fluids such as soiled clothing, bed linen, or used needles.“
Ciò significa che Ebola non ha un potenziale di contagio elevato perché l’area contagiata può essere fisicamente delimitata. Ebola non si trasmette per via aerea (quindi per prossimità con altri esseri umani infetti) né attraverso agenti esterni (come le zanzare nel caso della Malaria). Secondo i dati del WHO che ha monitorato le aree di contagio (dati dal 1976 al 2012), lo storico ci racconta che dal 1976 al 2012 sono stati registrati 2387 casi di contagio, di cui 1590 hanno portato alla morte, quindi con un tasso di mortalità pari al 67%.
Qui una prima annotazione sulla copertura mediatica di Ebola, che tipicamente parla di un tasso di mortalità che oscilla tra il 50% e il 95%. Come arrivano a questi dati terrificanti? Molto semplice. Ipotizziamo di avere il “Paese X” in cui tra Gennaio e Marzo si registri 1 malato di Ebola e questo paziente muoia; il tasso di mortalità è il 100%; ipotizziamo che tra Marzo e Dicembre si abbiano altri 99 casi di Ebola e 65 morti, con un tasso di mortalità del 66%. Il magheggio è fatto; abbiamo un tasso di mortalità che varia tra il 66% e il 100%, inteso? In realtà il tasso di mortalità corretto (che è per definizione una media aggregata e che non ha senso per piccoli numeri) sarebbe 66/100, ossia il 66%. Questo è il potere della matematica!
I dati di monitoraggio di cui sopra si riferiscono ai Paesi che hanno dimostrato sino ad oggi il maggiore rischio: Congo, Sudan, Uganda, Gabon, Costa d’Avorio.
Il fatto che nei 5 suddetti Stati le infezioni di Ebola siano state meno di 3000 in 36 anni, non significa che i numeri reali non siano ben più grandi, ovviamente. Ma quello che è importante, è registrare che in oltre 36 anni il numero totale di persone infettate dall’Ebola annualmente oscilla tra un minimo di 0 a un massimo di 425 (nel 2000, in Uganda) senza evidenza di un tasso di crescita del fenomeno. Emblematico è il caso del Congo dove il contagio Ebola è “partito” nel 1976 con 318 casi per finire a 57 casi nel 2013 (68 casi nel 2014).
Cosa ci dicono di fati registrati dal WHO? Alcune cose importanti:
- che anche se assumiamo (è ragionevole) che l’infezione sia maggiore di quanto contabilizzato, il tasso d’infezione reale non può essere maggiore del contabilizzato di diversi ordini di grandezza, altrimenti in 36 anni d’incubazione il contagio sarebbe già esploso
- non c’è alcuna tendenza di crescita dell’infezione nei 5 Paesi monitorati, anzi i dati contraddicono l’idea di un virus “mortale” con contagio fuori controllo. Viceversa i dati confermano in realtà la natura epidemiologica a basso potenziale di infezione del virus.
- In tutti i Paesi monitorati, il numero di casi riportato decresce stabilmente a partire dal contagio iniziale, coerentemente sia con il relativamente basso potenziale di contagio che con il fatto che le procedure “tradizionali” di contenimento sono già abbastanza efficaci nel ridurre l’espansione dell’infezione e il bollettino di morte:
- In Congo si registrarono 318 casi nel 1976 con tasso di mortalità pari all’88%, divenuti 57 casi con tasso di mortalità del 51% nel 2012
- In Sudan si registrarono 284 casi nel 1976 con tasso di mortalità pari al 53%, divenuti 17 casi con tasso di mortalità del 41% nel 2004
- In Uganda si registrarono 425 casi nel 2000 con tasso di mortalità pari all’53%, divenuti 31 casi con tasso di mortalità del 67% nel 2004
A questo punto avrete sicuramente notato una cosa. Nei Paesi sopra menzionati, non compaiono né la Liberia né la Sierra Leone, i Paesi che oggi fanno la prima pagina del bollettino Ebola. In effetti, solo nel 2014, apparentemente, il contagio Ebola si è manifestato in Nigeria, Guinea, Liberia e Sierra Leone. Secondo il rapporto del WHO, questi Paesi nel 2014 contabilizzano 3486 casi di ebola e 1496 morti, con un tasso di mortalità del 43%. Il Paese con l’infezione più estesa è la Sierra Leone (1745 casi), quello con la mortalità più alta è la Guinea (56%).
Aggiungendo poi ai casi conclamati di Ebola, quelli “possibili”, cioè quelli in cui la presenza del virus non è stata verificata ma i sintomi del paziente sono compatibili e esiste un collegamento con casi verificati di Ebola, il numero di infezioni potenziali cresce a 5135 con 2152 morti (tasso di mortalità del 42%). Con ciò si arriva all’istogramma qui sotto.
Nel grafico si osserva una “rapida” crescita del fenomeno negli ultimi 3 mesi; e apparentemente il contagio era inesistente prima del 2014. Come è possibile che il contagio sia stato assente fino al 2014 e poi esploso in 3 mesi, in Paesi con scarsa sanità pubblica e confinanti con Paesi in cui il virus esiste da 36 anni?
Non è possibile, infatti.
Se infatti a primo “acchitto” il grafico suggerisce una crescita esponenziale, tipica dei fenomeni senza controllo, se osserviamo le ultime settimane saremmo tentati di concludere che il contagio del virus si sta fermando. Ma anche questa osservazione sarebbe non corretta. In realtà il punto è che il periodo di osservazione è estremamente limitato e quello che in realtà il grafico descrive è la crescita del “sistema di monitoraggio” e non la crescita del “sistema epidemiologico” da osservare.
Verosimilmente il virus continua a diffondersi, ma molto lentamente, come lo storico di 36 anni negli altri Paesi ha dimostrato.
E’ plausibile assumere che sia per questa ragione che il direttore del WHO Christopher Dye dichiara “stiamo avendo segnali che questo incremento non avverrà; è un po’ come fare le previsioni del tempo. Le possiamo fare con qualche giorno d’anticipo, ma guardare a mesi di distanza è molto difficile”.
Ma allora il CDC come è arrivato alla stima di 20,000 infezioni nello scenario ottimistico? Beh, considerando che il numero di infezioni registrate è per definizione inferiore a quelle esistenti, tale stima è ragionevole almeno come ordine di grandezza considerando le oltre 5000 infezioni potenziali contabilizzate. Ma come fa il CDC ad assumere come “ragionevole” lo scenario di 1,4 milioni di infezioni in 4 mesi, conoscendo lo storico degli altri 5 Paesi durato 36 anni?
Non può essere un errore commesso da specialisti di epidemiologia.
Ebola non è un’emergenza globale, questo è un fatto. Ma anche in termini “locali” è difficilmente caratterizzabile come emergenza. In termini comparativi, la Malaria infetta tra i 200 e i 300 milioni di persone nel mondo, e circa 700,000 persone ogni anno ne muoiono. La Malaria ha un tasso di mortalità più basso dell’Ebola ma è estremamente più diffusa, ed è endemica. E’ significativo notare che la Sierra Leone, che contabilizza oggi meno di 1800 casi di Ebola e meno di 600 morti, conti invece ogni anno circa 8000 morti per Malaria; e in Guinea la Malaria conta 9000 vittime l’anno, la Liberia 2000 morti ogni anno e in Nigeria i morti di Malaria sono oltre 120,000 l’anno.
Ma allora come è successo che un virus, l’Ebola, conosciuto sin dal 1976, con tecniche di contenimento, metodologie di prevenzione e cure tradizionali note, sia divenuta un’emergenza, nonostante il bollettino di morte e il tasso di infezione siano relativamente bassi?
E perché mai questa pressione mediatica per avere dei vaccini anti Ebola? Le procedure di vaccinazione sono previste per mali altamente rischiosi (e questo è effettivamente il caso per l’Ebola) con alto potenziale di diffusione (e questo non è il caso). E non c’è nessuna evidenza di un’emergenza, perché correre il rischio di fare più male che bene?
Cui prodest?
Stante i fatti di cui sopra, alcune mie speculazioni.
L’esplosione Ebola è stata costruita? No, ma in un certo senso, si! Ipotizzare che l’Ebola sia un virus costruito in laboratorio e poi diffuso per oscuri obiettivi, è pura speculazione senza prove.
Ciononostante, è stato costruito, da un punto di vista mediatico.
L’industria delle Bio-Tecnologie è una delle maggiori scommesse della società occidentale, in special modo degli Stati Uniti d’America. Tali imprese non creano mali per trovare poi la cura, semmai fanno l’opposto. Trovano un trattamento farmaceutico e quindi fanno il marketing del male da curare. Un esempio è la sindrome da disattenzione (AHDH), e gli USA ne sanno qualcosa.
Ebola sembra rientrare bene in questo tipo di scenario, ma la pressione di Obama per un vaccino, e il marketing fatto nel suo discorso del ruolo degli USA come i salvatori del popolo Africano dal loro infausto destino, suggerisce che ci siano molteplici interessi strategici che cercano di farsi strada nel solco segnato dal virus Ebola…
Sicuramente le aziende BioTech devono ripagare i loro azionisti, ma c’è di più. L’Africa è la nuova (si fa per dire) terra di conquista sia per gli USA che per la Cina, due nazioni che competono nella supremazia delle risorse naturali dell’unico continente senza una vera e propria sovranità. La Cina ha guadagnato notevole terreno nell’ultimo decennio, e gli USA hanno ormai veramente poco da offrire; la salute pubblica è l’unica carta che possono giocare che abbia senso in Africa.
Non è un caso che l’amministrazione Obama abbia giusto poche settimane fa rinnovato accordi economici strategici in Liberia, e che ad Ottobre in Liberia si tengano le elezioni. Il vaccino prodotto dal vecchio e caro amicone americano è un ottimo strumento per consolidare la partnership tra Liberia e USA, e allo stesso tempo supportare la campagna politica degli “amici” africani.
Ovviamente, nel caso le cose dovessero andare storte, le basi militari sono già sul luogo, non si sa mai…