…il feticcio scientista per i prolet

Vedere a fine Giugno del 2021 persone in bicicletta, sotto il sole, con 30 gradi all’ombra, circolare con la maschera sul viso, lascia senza parole. E si rimane ancora più allibiti quando si considera che in molti casi sono le stesse persone che a Maggio del 2020 la “salvifica” maschera l’avevano riposta nel cassetto.

Inutile argomentare con costoro che è impossibile filtrare con una maschera un virus i cui virioni hanno una dimensione stimata di pochi nanometri (milionesimi di millimetro). E altrettanto inutile sottolineare che se il virus permane a distanza di 16 mesi dalla sua comparsa nonostante un’adozione diffusa della salvifica maschera e del “distanziamento”, evidentemente sono misure inutili. L’implicita risposta “pavloviana” la conoscete; “senza queste misure le cose sarebbero andate ancora peggio!”

Mesi fa in “Ritratto di un covidiota” argomentavo che l’ego e non la ragione sono la misura della questione. Sostanzialmente non ho cambiato opinione, ma ritengo che ci sia di più.

Avrete sicuramente notato che molti indossano la mascherina sotto il naso annullando i presupposti benefici di indossarla; oppure la lasciano appesa al gomito (invece di riporla in tasca o altrove) esposta ad agenti inquinanti, particolati e polveri; o ancora sotto il mento, a raccogliere sudore e flora batterica.

E vi sarà capitato di incrociare con lo sguardo gli occhi di un volto mascherato ed inespressivo, che palesemente vi redarguisce, con l’implicito messaggio: “se io la porto, nonostante il disagio, perché tu no?

E’ sostanzialmente una questione morale.

Ieri l’altro un giornalista canadese intervistava alcune persone vaccinate e mascherate chiedendo loro perché indossassero la mascherina; tra loro, una signora che, nonostante avesse avuto il Covid, aveva deciso di vaccinarsi; e nonostante vaccinata e “covidizzata” portava la mascherina. Quasi invariabilmente la motivazione data è stata “dare il buon esempio“.

Ovviamente è una motivazione di facciata. Portano la mascherina semplicemente perché obbediscono acriticamente a ordini; ma la programmazione sociale di massa prevede un codice morale di facciata.

In questo senso, è emblematico (vedi video) quanto avvenuto in Giappone, in cui si è provveduto a porre una mascherina gigante sul volto della statua (alta circa 60 metri) raffigurante l’immagine sacra di Aizu Jibo Daikannon. Ciò, negli intenti, per “propiziare” la fine della pandemia.

Aizu Jibo Daikannon. con mascherina

Non è oltraggio del sacro, ma ridefinizione del sacro. La scienza si fa divina.

L’iconografia è chiara; la figura femminile in atteggiamento caritatevole verso il pargolo rappresentativo della nuova generazione, non ha bisogno di proferire parola; il bavaglio posto sul volto è in sé il verbo.

Siamo al culto. E la mascherina è il feticcio da portare al seguito per segnalare l’appartenenza alla setta degli accoliti del dogma scientifico, autoritario in quanto divino.

Non è questione da poco. Nel mondo Orwelliano in costruzione il Goldestein verso cui i nuovi prolet dirigeranno la propria rabbia agitando il feticcio della mascherina o del Green Pass per calmierare la propria frustrazione, rischia di essere il negazionista, l’antivax, il complottista, l’asintomatico.

Un caro saluto.