Qualche giorno fa seguivo un video di Byoblu (canale d’informazione alternativa che forse conoscete, e che tra l’altro personalmente sostengo). In questo video un giornalista proponeva una “statistica” con la quale metteva a confronto Italia e Svezia sul piano della letalità e della mortalità, con l’intento di palesare le contraddizioni. I confronti sul piano della mortalità erano corretti, ma quelli sulla letalità erano completamente errati, assumendo per l’Italia una letalità del virus che si attestava attorno al 4,2%.

Perché vi cito questo aneddoto? Perché è emblematico dello stato confusionale in cui si trova l’informazione oggi; da una parte media di regime che recitano copioni scritti dal governo, e dall’altro media alternativi che cercano di ricostruire la realtà senza avere la bussola per orientarsi. Dall’una e dall’altra parte medici che s’improvvisano matematici, che “sparano” numeri di cui non hanno cognizione e che si rifanno a letteratura scientifica o modelli statistici che non sanno comprendere, senza avere il minimo ritegno di farsi da parte e tornare a fare la loro professione. In mezzo a questo frastuono di ignoranza e interessi contrapposti, ci siete voi, chiedendovi perché mai questo virus sia così letale in TV e così impalpabile nella vostra realtà quotidiana; una dissonanza cognitiva in cui alla fine si finisce con l’accettare l’opinione prevalente, anche se palesemente insensata, semplicemente per avere una via di fuga dal disagio mentale.

Dopo questa lunga premessa, andiamo al dunque.

Cos’è la letalità di un virus? Perché si parla di mortalità e letalità? E soprattutto, quanto è letale questo COVID oggi? Quanto segue risponde a queste domande, con un approccio didattico fruibile anche da uno studente della scuola secondaria inferiore.


LETALITA’ e MORTALITA’

In epidemiologia si utilizzano due parametri, tipicamente calcolati su base annuale, chiamati letalità e mortalità. A dispetto dell’apparente similitudine “linguistica” queste due grandezze sono differenti:

  • la letalità misura la probabilità di morte di un individuo quando contragga un’infezione. In quanto tale, essa dipende dalle caratteristiche patogene dell’infezione e dalla capacità di cura del sistema sanitario.
  • la mortalità misura la probabilità di morte di un individuo quando un agente patogeno aggredisce una popolazione. In quanto tale, essa dipende dalla letalità e dalla capacità di diffondersi del virus.

Per via di ciò la mortalità è sempre (nei casi pratici) inferiore (o molto inferiore) alla letalità. Esiste la possibilità (teorica) che un virus abbia mortalità superiore alla letalità nel caso in cui gli individui contraggono più volte l’infezione, ma è un caso più di scuola che reale.

Per via delle definizioni di cui sopra, le grandezze di cui sopra vengono calcolate come segue:

  • LETALITA’ = NUMERO DECESSI / NUMERO INFETTI
  • MORTALITA’ = NUMERO DECESSI / POPOLAZIONE

Facendo riferimento alla figura seguente, la letalità misura il rapporto dell’area del cerchietto rosso (morti) con quella dell’area del cerchio verde; la mortalità misura il rapporto dell’area del cerchietto rosso (morti) con quella dell’area del cerchio blu.

Ad esempio, se dopo un anno andassimo a misurare la letalità di un ipotetico virus che abbia infettato 10 milioni di persone su una popolazione di 60 milioni, mietendo 30.000 vittime avremmo:

  • LETALITA’ = 30.000 / 10.000.000 = 0.003 = 0,3%
  • MORTALITA’ = 30.000 / 60.000.000 = 0.0005 = 0.05%

Il che significherebbe che ogni persona (in media) ha avuto lo 0,05% di probabilità di morire, e che una persona contagiata ha avuto lo 0,3% (3 per mille) di probabilità di morire.

Fin qui la teoria. Tutto è molto semplice; l’unico aspetto che (depistaggi contabili a parte) richiede attenzione è la stima degli infetti, dato CHE NON E’ MAI NOTO ma che è possibile solo stimare.


STIMA DEGLI INFETTI (O CONTAGIATI)

Il problema di fondo della stima delle persone contagiate è che la stragrande maggioranza delle persone (almeno per virus tipici) è asintomatica (cioè è sana!). Per questo motivo anche se per ipotesi tutte le persone con sintomi comunicassero il proprio stato alle autorità sanitarie, non si potrebbe mai determinare in termini contabili il numero di persone contagiate. Per farlo si ricorre alla statistica, “campionando” (tramite i test) porzioni della popolazione statisticamente significative.

Ad esempio se voglio sapere quante persone in Italia hanno i capelli rossi, potrei osservare 10.000 persone (scelte a caso e distribuite sul territorio in quota rappresentativa della distribuzione della popolazione) e contare le persone con i capelli rossi. Per ipotesi, se contassi 100 persone con i capelli rossi su un campione di 10.000 persone su una popolazione di 60.0000.000 persone, trarrei la conclusione che:

  • percentuale persone con capelli rossi = 100/10.000 = 0,01 = 1%

e di conseguenza:

  • persone con i capelli rossi sul territorio Italiano = 1% x 60.000.000 = 600.000

Chiaro, no? Sul territorio Italiano avrei non 100 persone con i capelli rossi (quelle contabilizzate) ma 600.000 (quelle stimate statisticamente).

Analogamente se io ho 126.410 nuovi test COVID validi (come è successo ieri) con 32.961 nuovi casi positivi su una popolazione di 60 milioni di persone, ne concludo che:

  • percentuale di persone positive al test COVID = 32.961/126.410 = 0,26 = 26%

e di conseguenza:

  • persone positive al test COVID sul territorio Italiano = 26% x 60.000.000 = 15,6 milioni

Oltre quindici milioni di persone positive, non centoventisei mila. Avete capito? Una persona su quattro positiva eppure non c’è nessun tappeto di morti per strada.

Ora io non mi soffermo sulla validità dei test COVID (come neanche sulla conta dei morti CON COVID) e mi limito solo a prendere per buoni i dati della protezione civile, ben conscio della poca attendibilità. E so benissimo che molti test sono ripetuti sulle stesse persone, ma l’ordine di grandezza dei positivi proiettato sull’intera popolazione è questo. Stime più accurate le presenterò in un altro articolo per non divagare e appesantire questa trattazione.

Vi invito intanto a soffermarvi su una riflessione. La conta dei positivi (ammesso che positività significhi contagio) crea ansia da contagio invece di farvi realizzare l’ovvio. Se oggi ci sono almeno 15 milioni di positivi, a che serve la mascherina o il “lockdown”? E se un italiano su 4 è già infetto come pensano sia solo possibile fermare il contagio? E se un italiano su 4 è infetto oggi, non è forse verosimile che le persone complessivamente contagiate da questo virus siano ben più di 15 milioni, probabilmente la gran parte della popolazione (a meno di non voler dire che le persone trovate positive siano sempre le stesse)?

Ma poi, se ci sono 15 milioni di positivi (e molti di più complessivamente) allora forse la letalità (cioè la probabilità di morire contraendo il virus) è molto più bassa di quanto fatto intendere, o no?

Ci accingiamo a rispondere a questa domanda; siamo pronti a fare qualche valutazione sulla letalità di questo COVID.


CURVA DI LETALITA’ DEL COVID

Prima di procedere alla valutazione della letalità reale, applicando assieme quanto appreso sopra, vi presento la curva di letalità “errata”, cioè la curva ottenuta dividendo il numero di decessi per il numero di positivi accertati. La curva che produce i dati che vi presentano a media unificati da Marzo 2020.

Curva di letalità errata

Come vedete si perviene a valori di letalità elevatissimi, ma ovviamente errati. Vi ricordate il terrorismo costruito su dati di letalità attorno al 14%? Ecco svelato il mistero. L’ultimo dato della curva restituisce un valore attorno al 4%, il valore di letalità probabilmente desunto erroneamente dal giornalista citato nella premessa di questo articolo.

Inoltre tale curva indica l’evoluzione della “letalità” media che non ci dice nulla in quanto paradossalmente ci direbbe che la letalità di questo virus ad Agosto era 3 volte della letalità “registrata” a Novembre.

Per osservare come evolve la letalità del virus dai suoi massimi (tipicamente invernali) ai suoi minimi (tipicamente estivi) si fa riferimento alla curva di letalità reale che misura ad un dato momento la probabilità di morte quando infettati.

Qual è invece la curva di letalità reale di questo virus? Eccovela, in tutto il suo splendore (si assume un tempo medio di morte a tre settimane dall’insorgenza dei sintomi).

Curva di letalità reale

Come potrete osservare la letalità reale del COVID si attesta oggi attorno allo 0,045%, cioè oggi muoiono “CON COVID” circa 45 persone ogni 100.000 positivi al test COVID, valore che potrebbe crescere nel periodo invernale ma con un valore medio misurato sull’anno che verosimilmente è sotto lo 0,1%. Un’ultima annotazione; osservando il lato sinistro del grafico noterete come la letalità crolla velocemente ad inizio maggio al crescere dei test a campione (prima si consideravano di fatto come positivi solo i sintomatici noti, sottostimando di 1 o 2 ordini di grandezza il numero di infetti e quindi sovrastimando di 1 o 2 ordini di grandezza la letalità del virus). E questo forse spiega perché l’OMS invitava a “testare” solo i sintomatici…

In sostanza la letalità reale di questo virus, oggi, è 100 volte inferiore a quella comunicata da media vari, per ignoranza nel migliore dei casi.

Magari questo spiega perché non vedete nessun tappeto di morti.


Conclusioni

Con questo vi lascio, conscio che molti fra coloro che hanno letto quanto sopra continueranno a non credere a quanto sopra. A questi dico solo che non dovete credere, dovete informarvi e ragionare.

Agli altri riservo il mio invito a stare attenti e prendere le dovute precauzioni per il futuro, perché quando uno Stato mette in atto una macchina di menzogne di tale proporzione, in ballo c’è qualcosa di grosso che potrebbe giustificare qualsiasi cosa.

Quello che avete vissuto fino ad oggi è stato solo l’antipasto. Il conto sarà salato.

Un caro saluto.

5 risposte a "Letalità COVID; come districarsi tra ignoranza e menzogne"

  1. Ciao.
    Non sono un matematico.
    Comunque fin qui ti seguo:
    “Ad esempio se voglio sapere quante persone in Italia hanno i capelli rossi, potrei osservare 10.000 persone (scelte a caso e distribuite sul territorio in quota rappresentativa della distribuzione della popolazione) e contare le persone con i capelli rossi.”
    …E successiva deduzione statistica del numero di “rossi” sulla totalità della popolazione.
    Quindi: “scelte a caso…in quota rappresentativa…”.
    Il passaggio successivo, nel momento in cui applichi tale calcolo statistico per stimare il numero dei contagiati, non mi convince.
    Perché funzioni, occorre che tu sia certo che i test siano eseguiti, per l’appunto, su persone scelte a caso in quota rappresentativa ecc.
    Ti risulta?
    Potrei sbagliarmi, ma a me sembra di no.
    Mi sembra che tali test siano prevalentemente eseguiti su persone già sintomatiche e, in misura molto minore – quindi non molto significativa – su ristrette categorie (come gli sportivi in attività).
    Mi sfugge qualcosa?

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    1. Assolutamente corretto. Come dicevo “do per buoni i dati della Protezione Civile”. Aggiungo che sappiamo per certo che molti (credo almeno il 40%) siano test ripetuti sulle stesse persone. In ogni caso con oltre 150.000 tamponi al giorno il campione dovrebbe essere significativo, solo che quantitativamente va preso con le molle per via dei test ripetuti. Non volevo dilungarmi su questo aspetto per non appesantire la trattazione. Ci sarà un altro articolo che scava più profondamente sui dati e sulla situazione Italiana.

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