Quasi un anno che non scrivo, lo so. Mi piacerebbe accampare motivazioni intriganti, quali l’essere stato rapito dagli alieni, ma ahimè nulla di simile. Assente per pigrizia, nulla di più. E le mie pigrissime giornate sono riempite dalla cronaca del mondo che viene da oltre oceano.  Ore ed ore della visione anglo-americana del mondo. Non solo la visione dell’ establishment, s’intende, ma soprattutto del sottobosco della contro-informazione.

Complice il Primo Emendamento, il cittadino statunitense (contrariamente a quello italiano) ha il diritto costituzionalmente garantito di dire quello che vuole e questo ci permette di avere una finestra di osservazione sulla dialettica che agita gli animi dei cittadini statunitensi in merito alla questione mediorientale; la vista è tanto paradossale quanto interessante.

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Per un osservatore anti americano e anti sionista, quale il sottoscritto, lo spettacolo che va in scena ogni giorno su i canali contrapposti di “informazione ” e “controinformazione” statunitensi è straordinario.

Per qualsiasi persona che non sia frastornata dalla propaganda mediatica made in USA la questione è semplice: Israele è un etno-stato dalla condotta indegna, che sfrutta la propria piattaforma religiosa e l’eredità morale dell’Olocausto per giustificare le proprie nefandezze; gli Stati Uniti sono un’organizzazione criminale su scala planetaria che bombarda democrazia per mantenere il controllo della produzione di petrolio e difendere il ruolo del dollaro come riserva valutaria mondiale. Religione e democrazia non sono esattamente alla base della questione Mediorientale. Ma ciò sfugge all’americano medio, bombardato quotidianamente da una macchina mediatica che polarizza gli animi e offusca le menti.

Da una parte la potentissima lobby sionista bancaria e mass mediatica che, grazie all’appoggio (anch’esso paradossale) della Chiesa Evangelica, è in grado di muovere un significativo supporto alla causa ideale della difesa di Israele. E si sa, la miglior difesa è l’attacco.

Dall’altra parte i “peones” espulsi dai circoli intellettuali che contano, che tentano di farsi una ragione delle infinite guerre d’invasione perpetrate dal proprio Paese e del sangue altrui versato. Per loro, invariabilmente, gli Stati Uniti sono marionette, manovrate dal diabolico burattinaio ebreo sionista che trasforma l’altrimenti dormiente macchina bellica stelle e strisce in un’orribile ordigno malevolo che senza sosta persegue il disegno etno-razzista di Israele.

Una Israele tanto debole da essere sotto scacco dei razzi pirotecnici di Hamas, per i primi. E al contempo una Israele tanto potente da piegare il volere della Superpotenza militare, per i secondi.

Illusi i primi, patetici i secondi.

Tra di loro un solco sempre più profondo. Mentre il mondo dei mass-media si tinge sempre più di strumentale propaganda bellicosa in nome di Israele, il giustificabile antisionismo del sottobosco mediatico pacifista finisce con il collocare Israele al vertice della piramide del comando bellico. Questo sottobosco “pacifista” non riesce ad accettare l’animo malevolo del proprio Paese e finisce nell’auto-vittimizzazione e nella demonizzazione irrazionale di Israele. In questa visione, Israele è un burattinaio che usa il potere economico dei gruppi finanziari statunitensi a conduzione ebrea come arma di ricatto verso il popolo americano. Ed è responsabile anche della decadenza morale degli USA perché attraverso l’industria dei media, promuove l’omosessualità, la pornografia, la distruzione della famiglia nucleare e la depravazione. Per molti adepti di questa visione del mondo, il passo verso l’antisemitismo è breve; la religione e la cultura ebraica sono la piattaforma ideologica i cui assiomi profetici si devono realizzare attraverso la “manna” armata made in USA.

Incapace di metabolizzare razionalmente l’abisso morale della politica statunitense, tale sottobosco “pacifista” finisce col materializzare una lettura dei fatti ideologica e paranoica invece di elaborare una visione “esterna” e “secolare” della storia contemporanea del proprio Paese. Manca l’obiettivo di comprendere il rapporto intimo e radicale tra USA e Israele, inficiando la propria credibilità e offrendo il fianco agli intenti censori del sionismo bellico del mainstream dominante.

In realtà Israele non è né vittima né carnefice. Israele è semplicemente una costola degli USA. E’ l’avamposto americano in terra santa. E’ “testa di ponte militare” e “scudo morale” al contempo.

Lo comprenderanno mai?

Un caro saluto.